Frattura della clavicola

La frattura della clavicola consiste nella rottura dell’osso lungo che decorre orizzontalmente dalla parte superiore dello sterno alla parte superiore della scapola. Queste fratture sono solitamente conseguenti a una caduta su un braccio teso o a un colpo diretto.
Quando la frattura è completa, il frammento mediale si porta in alto per azione dello sternocleidomastoideo, mentre il frammento laterale va in basso per l’azione del deltoide e del peso del braccio.
Il dolore in sede di frattura potrebbe essere talmente intenso da renderti incapace di muovere l’arto. L’area appare gonfia con presenza di deformità a livello dei capi di fratture che altera il normale profilo della spalla.
La guarigione della frattura della clavicola avviene tanto più velocemente quanto più i frammenti sono allineati, e questo richiede che la spalla venga trazionata all’indietro dal bendaggio funzionale “a 8”, fastidioso ma necessario. La clavicola guarisce in circa tre settimane, ma se i monconi sono molto scomposti verrà prolungata l’immobilizzazione. Alla rimozione del bendaggio è presente un callo osseo esuberante percepito alla palpazione come gradino e spesso anche ben visibile. Si evita, se possibile, di trattare chirurgicamente questa lesione.
La riabilitazione della frattura della clavicola è molto importante: alla rimozione del bendaggio è opportuno cominciare un ciclo di terapie in piscina e in palestra per recuperare al più presto l’articolarità della spalla, la forza dei muscoli e il controllo neuromotorio della spalla.
Nella fase acuta del trauma, in attesa dell’intervento medico è importante immobilizzare la parte lesa per evitare il più possibile movimenti che intensificherebbero la frattura e il dolore.
Raramente il trattamento è chirurgico a causa dell’esiguità del tessuto sottocutaneo che espone l’osso a infezione e al rischio di pseudoartrosi.
Per questo motivo la maggior parte delle fratture di clavicola viene trattata con un protocollo riabilitativo specifico. Dopo la rimozione definitiva del bendaggio il trattamento consiste in una prima fase di recupero della piena articolarità su tutti i piani della spalla in piscina, attraverso esercizi di fluidità e mobilità attiva e passiva.
Successivamente il protocollo prevede il recupero della forza degli stabilizzatori della scapola, del cingolo scapolare, attraverso esercitazioni in palestra con elastici a resistenze crescenti, nonché il pieno recupero del controllo neuromotorio attraverso la presa di coscienza della posizione dell’arto sia attraverso la continua correzione della postura da parte del rieducatore con richiami verbali (durante l’esecuzione degli esercizi) sia eseguendo gli esercizi davanti allo specchio per autocorreggersi.
Il percorso rieducativo termina con esercitazioni propriocettive e sport specifiche (soprattutto per l’extrarotazione) in campo per la ripresa sportiva. Solitamente le fratture di clavicola si risolvono positivamente in 8-12 settimane dopo il trauma.

Instabilità della spalla

L’articolazione della spalla è costituita da tre ossa – omero, clavicola e scapola – connesse da muscoli, tendini e legamenti.Tutte queste strutture si muovono reciprocamente, senza attriti, grazie alla presenza di una borsa che, contenendo fluido oleoso, funziona come un cuscinetto.
La spalla è un’articolazione molto complessa la cui peculiarità è legata all’enorme libertà di movimento, permesso dalle dimensioni ridotte della glenoide rispetto alla testa omerale, che consente di portare la mano in quasi tutti i punti dello spazio.
Nella definizione di instabilità della spalla rientrano differenti quadri nosologici, quali le lussazioni della spalla, le sublussazioni della spalla e la patologia da iperlassità.
Sono state proposte diverse classificazioni e noi ci riferiremo all’instabilità che interessa i pazienti con segni di lassità congenita generalizzata, associata a instabilità di spalla bilaterale e multidirezionale (anteriore, posteriore e inferiore).
L’instabilità della spalla può anche essere acquisita in sportivi quali ginnasti, pallavolisti, sollevatori di pesi e nuotatori.
Il meccanismo patogenetico è da ricercarsi nella reiterazione dei movimenti sopra il capo che a causa della lassità articolare creano sollecitazioni meccaniche anomale su strutture nervose e tessuti molli periarticolari (microtraumi ripetuti) fino a dare origine al dolore.
I sintomi più comuni consistono nel dolore alla spalla e/o disturbi tipo “braccio morto” o parestesie all’arto superiore durante le attività della vita quotidiana o sportiva che fino ad allora erano risultate asintomatiche.
Anche uno o più episodi di lussazione, o più spesso sublussazione senza un trauma significativo, rientrano nel quadro sintomatologico.
Per avere accertamenti sullo stato delle strutture capsulari, tendinee e muscolari, e del cercine, il medico prescriverà esami strumentali.
Nel caso dell’instabilità della spalla, il trattamento conservativo rappresenta un primo approccio nella gestione della complessa situazione clinica.
Il percorso riabilitativo è finalizzato principalmente al miglioramento della biomeccanica articolare con esercizi per i muscoli che stabilizzano l’articolazione. In particolare negli sport “overhead” bisogna rinforzare tutti i muscoli della cuffia perché sono coinvolti nel controllo della traslazione omerale.
Per ovviare al deficit della coordinazione è fondamentale il recupero del controllo neuromuscolare della spalla. Gli esercizi per la coordinazione possono trovare la giusta applicazione nella rieducazione sul campo, dove il paziente viene sottoposto a esercitazioni dinamiche e maggiormente specifiche.
Soltanto nel caso in cui dopo almeno 6 mesi di terapia conservativa non fossero raggiunti risultati soddisfacenti, verrà proposto l’intervento chirurgico, che dovrà essere comunque seguito da un trattamento riabilitativo adeguato.
Episodi di lussazione recidivante o di instabilità della spalla cronica vanno valutati per scegliere il trattamento chirurgico più adeguato.
La chirurgia può restituire il controllo all’articolazione scapolo-omerale, aumentando l’effetto contenitivo delle strutture deputate alla stabilità statica, come la capsula e il cercine glenoideo.
Dopo l’intervento il dolore sarà piuttosto intenso, ma verrà controllato con i farmaci antidolorifici e l’applicazione di ghiaccio.
In seguito all’intervento in artroscopia, si dovrà portare un tutore per 3 settimane. Alla sua rimozione si potrà iniziare il percorso riabilitativo.
Il percorso riabilitativo per instabilità della spalla ha lo scopo di raggiungere il massimo recupero funzionale e il suo inizio molto precoce è dovuto al fatto che in questo modo si può agire tempestivamente per lavorare in maniera specifica sull’extrarotazione.
Si procede quindi con terapie fisiche e lavoro decontratturante sul cingolo scapolare, associato a mobilizzazioni attive ed attive/assisti, anche attraverso l’idrokinesiterapia dove si sollecita la spalla anche a 90° di elevazione e abduzione.Il primo obiettivo da raggiungere è ridare al paziente la piena articolarità della spalla per poter svolgere le attività della vita quotidiana (guidare, lavorare, ecc.). Succesivamente oltre all’attivita passiva svolta dal rieducatore, su tutte le direzioni. Verrà data maggior importanza allo stretching capsulare e al recupero delle rotazioni.
Ad articolarità completa si inizia a rinforzare tutto il cingolo scapolare, correggendo le eventuali discinesie presenti anche prima dell’intervento, rinforzando i muscoli del braccio, associando sempre lavori assistiti di stretching della capsula. Il ritorno all’attività sportiva non può prescindere in questa fase anche dal lavoro di core stability.
La spalla, che ormai ha un adeguato livello di forza, inizia a subire delle sollecitazioni su tutte le direzioni, a intensità crescente (palla a muro, superfici instabili, lanci, ecc.). In questa fase della riabilitazione si comincia il lavoro specifico senza l’uso degli attrezzi. Si esegue la propedeutica al campo con sedute di neuro plasticità in acqua.
Per chi pratica sport è necessario dopo aver raggiunto il massimo recupero in ambiente protetto iniziare a ritrovare il gesto specifico e quindi inizia la riabilitazione sul campo sportivo. Questa fase prevede una progressione che vede l’utilizzo di superfici instabili, lancio a diversi gradi con palle a diametro progressivo, inserimento di contrasti con sagome fisse, contrasti contro sagome in movimento, utilizzo dell’attrezzo sportivo (racchette, mazze da golf, ecc.) sia con vincoli e resistenze sia libero.
A questo punto sarà recuperata la completa gestualità e si potrà ricominciare a praticare qualsiasi sport.

Ernia cervicale

L’ernia del disco cervicale è una causa frequente di dolore in gran parte della popolazione.
Eventi traumatici o posizioni viziate prolungate provocano una degenerazione dei tessuti e un rimaneggiamento del nucleo polposo e dell’anulus.
La sintomatologia varia a seconda della presenza o meno di compressione nervosa o midollare.
Possono manifestarsi formicolio e dolore diffuso anche agli arti superiori, deficit di sensibilità e perdita dei riflessi degli arti superiori, perdita di tono-trofismo muscolare agli arti superiori, ecc.
Il trattamento può essere conservativo oppure chirurgico.
In entrambi i casi fondamentale è il ruolo della riabilitazione.
Nei casi di ernia del disco cervicale l’obiettivo principale è il controllo del dolore attraverso terapie fisiche (laser, tens, tecar, vibra) e manuali quali massoterapia rilassante dei paravertebrali cervicali, dorsali e trapezi.
Successivamente si procede con delle caute trazioni manuali e/o meccaniche con l’obiettivo di recuperare prudentemente la motilità articolare.
Si ricorre anche all’allungamento muscolare controlaterale e ad esercizi posturali di correzione della postura del rachide cervico-dorsale e delle spalle con un feedback visivo.
Ancora meglio se tale approccio avviene in ambiente acquatico, dove la temperatura dell’acqua, di circa 33°, favorisce il rilassamento dei tessuti molli.
Recuperata la motilità e ridotto il dolore si passa al rinforzo muscolare cauto e controllato dei muscoli del capo e del collo.
Cio’ avviene attraverso movimenti continui e lenti, movimenti con tenuta isometrica ad ampie escursioni articolari e movimenti isometrici contro resistenza a intensità moderata rispettando sempre la soglia del dolore.

Frattura delle vertebre cervicali

A livello cervicale si possono avere diversi tipi di frattura delle vertebre cervicali, clinicamente distinte in :
• frattura senza interessamento neurologico: fratture amieliche;
• frattura con interessamento neurologico: fratture mieliche.
La sintomatologia delle fratture amieliche consiste nella presenza di dolore locale, impotenza o limitazione funzionale e nella presenza di alterazioni dell’atteggiamento della colonna cervicale.
Le fratture delle vertebre cervicali sono provocate da traumi diretti o incidenti stradali.
Quando il processo di consolidazione della frattura delle vertebre cervicali è dimostrato radiologicamente, è fondamentale iniziare un programma riabilitativo specifico.
Il primo obiettivo è recuperare la motilità attraverso caute trazioni manuali passive eseguite anche in acqua (all’interno di una vasca riabilitativa) e allungare la muscolatura in forma attiva dei paravertebrali cervico-dorsali e trapezi. E’ necessaria anche una correzione della postura del rachide cervico-dorsale in stazione seduta ed eretta di fronte allo specchio.
Successivamente si passa al recupero della forza della muscolatura profonda del rachide cervicale attraverso esercizi progressivi dapprima in forma isometrica a bassa intensità.

Colpo di frusta cervicale

Il colpo di frusta cervicale è il trauma più comune del rachide cervicale e si presenta in seguito a un brusco movimento del tratto cervicale in iperflessione o in iperestensione, senza danni importanti alle radici nervose e al midollo.
Tra le cause abbiamo: trauma sportivo, caduta e incidente sul lavoro, anche se la causa più comune sono gli incidenti automobilistici.
Il colpo di frusta cervicale si manifesta con dolore intenso e rigidità. Spesso al dolore si aggiunge un senso di vertigine e una intensa emicrania.
Il trattamento riabilitativo si basa sul recupero precoce dell’articolarità attraverso terapie manuali decontratturanti, pompage articolari, allungamenti muscolari di paravertebrali cervicali, scaleni, trapezi e sternocleidomastoidei.
Solo successivamente, il trattamento riabilitativo prevede:
• esercizi posturali per il recupero del controllo muscolare e di una corretta postura del rachide cervicale;
• esercizi di rinforzo dei muscoli sopra citati con palline ed elastici progressivi.

Rigidita’ del collo

La presenza di contratture muscolari a livello del rachide cervicale e del cingolo scapolare è la causa più frequente di rigidità del collo.
Questa condizione è causata spesso da posture sbagliate, da posizioni anomale durante le ore di riposo notturno oppure da traumi di tipo sportivo o automobilistico (colpo di frusta).
Altre volte, invece, la rigidità del collo, si presenta come conseguenza di alterazioni strutturali come ernia del disco, spondilolisi o spondilolistesi, osteoartrosi.
La sintomatologia comprende dolore retronucale e ridotta motilità articolare.
La terapia è dapprima volta alla risoluzione della sintomatologia dolorosa attraverso l’impiego di terapie fisiche, quali laser ad alta potenza, tens, tecar, vibra ecc.
Successivamente seguita da un trattamento fisioterapico e idrochinesiterapico per la ripresa ottimale della funzionalità.

Contrattura del trapezio

Le cause che determinano la contrattura del trapezio sono varie. Le più frequenti sono di tipo traumatico o di tipo posturale (posture errate protratte).
La sintomatologia è tipicamente caratterizzata da dolore al collo con comparsa frequente di cefalea e limitazione articolare meglio nota come “torcicollo”.
Il trattamento è sempre conservativo e le sedute di fisioterapia sono volte alla risoluzione della contrattura del trapezio e alla ripresa funzionale ottimale.
Il trattamento riabilitativo ha come obiettivo:
• ridurre il dolore con le seguenti modalità attraverso l’utilizzo di terapie fisiche come laser, tens, tecar, vibra
• recuperare l’articolarità attraverso massoterapia decontratturante, pompage leggeri del collo ed esercizi di stretching del trapezio e dei paravertebrali cervicali.

Cervicalgia

Con il termine cervicalgia s’intendono tutte quelle patologie dolorose a carico del rachide cervicale.
La sua natura può essere traumatica o degenerativa.
Nel primo caso la causa più frequente della cervicalgia è il “colpo di frusta” mentre nel secondo caso sono diversi i fattori causali, quali la comparsa di fenomeni di spondiloartrosi.
Poi bisogna considerare le posture errate che portano alla formazione di ernie discali, alle contratture della muscolatura cervicale e del cingolo scapolare.
Infine, i fattori individuali, tipo l’insorgenza di artriti infiammatorie o patologie tumorali.
Il dolore cervicale può essere specifico, irradiato (in questo caso si parla di cervicobrachialgia) o aspecifico, non irradiato.
Il primo obiettivo del programma terapeutico è controllare il dolore e recuperare la motilità.
Ciò avviene attraverso l’impiego di:
• terapie fisiche (tens, laser, tecar, vibra);
• terapie manuali con massaggio rilassante e decontratturante della zona cervico-dorsale e dei trapezi;
• stretching passivo assistito e autoassistito allo specchio;
• idrochinesiterapia.
Il tutto è finalizzato al recupero di flesso-estensione, rotazioni e flessioni laterali spesso ridotte in termini di mobilità.
Recuperato il ROM articolare, si procede al recupero della muscolatura deficitaria della zona cervico-dorsale, scapolo-omerale e dell’arto superiore con uso progressivo di elastici, palline ecc.