La frattura dello Scafoide avviene solitamente in seguito ad una caduta con la mano in iperestensione oppure in flessione con pugno chiuso.
Il primo obiettivo della riabilitazione della frattura dello Scafoide, è il recupero del ROM fisiologico, attraverso mobilizzazioni articolari passive e attive in flessione, estensione, prono-supinazione del polso e mobilizzazioni articolari, sia del pollice che delle dita attigue.
In questa fase, per ridurre il dolore, è utile associare a terapie fisiche (ghiaccio locale, Laser ad Alta Potenza, Ipertermia) Tecarterapia drenante o massoterapia drenante e decontratturante dell’ arto superiore; è inoltre utile associare nella prima fase della riabilitazione, la magnetoterapia, per accelerare il processo di consolidamento dell’osso. Raggiunta l’articolarità completa, è possibile progredire alla seconda fase della riabilitazione, incentrata sul recupero della forza dei muscoli della mano (con elastici, palline di diverse consistenze, pinze e retine ) ed esercitazioni propriocettive, utili per il recupero neuromotorio della funzionalità della mano.
La spondilolisi è un’alterazione della morfologia del rachide lombare che consiste nell’interruzione di continuità di una parte della vertebra chiamata istmo.
Se l’istmo si interrompe da entrambi i lati, il corpo vertebrale tende a scivolare in avanti sul corpo della vertebra sottostante producendo una spondilolistesi.
La causa della spondilolisi non è del tutto nota: si pensa che vi sia una debolezza congenita dell’istmo in certi individui. I microtraumi ripetuti o un trauma singolo di una certa entità, possono causare la comparsa della sintomatologia algica.
Colpisce quasi sempre la 5° vertebra lombare che quindi tende a scivolare sul corpo del sacro, e la 4° vertebra lombare che scivola sulla 5°.
La spondilolisi è sostanzialmente benigna, ma tende ad evolvere negli anni ed è comunque una causa di instabilità del rachide.
Solo nei quadri più evoluti la listesi può causare una stenosi del canale con conseguente compressione nervosa.
La terapia conservativa solitamente è il primo approccio con sedute di fisiokinesiterapia mirata al recupero funzionale.
Nei casi più gravi in cui la listesi è tale da provocare una compromissione midollare o radicolare, è necessario l’intervento chirurgico di stabilizzazione vertebrale.
Riabilitazione per Spondilolisi
Il primo obiettivo è la riduzione del dolore, attraverso la terapia manuale decontratturante dei paravertebrali lombo-sacrali accorciati per la frequente associazione a forte iperlordosi lombare. E’ necessario ricercare una buona flessibilità della catena posteriore attraverso esercizi di stretching per i paravertebrali lombari, i glutei, gli ischiocrurali e l’ileopsoas, evitando posture in estensione (McKenzie) che possono accentuare lo scivolamento anteriore della vertebra.
Se la listesi è stabile, si può impostare un protocollo di riabilitazione con potenziamento degli addominali selettivi, dei glutei e dei muscoli del core con l’obiettivo di creare un corsetto naturale che stabilizzi la colonna lombare in situazioni statiche e dinamiche.
Per frattura di Colles s’intende la classica frattura dell’ estremità distale del Radio, causata dalla caduta in avanti con le braccia e mani iperestese, come a protezione dall’ impatto.
È una frattura molto più comune tra le persone che soffrono di osteoporosi. I sintomi più frequenti sono, dolore, gonfiore tra radio e ossa del carpo e tumefazione.
La terapia nella frattura di Colles può essere conservativa o chirurgica.
È opportuno, nel primo caso, iniziare delle sedute di magnetoterapia, anche in gesso, al fine di accelerare il processo di consolidamento e la formazione del “Callo Osseo”.
Successivamente, dopo aver tolto l’apparecchio gessato, si procede con la fisioterapia , che consiste in tecniche di linfodrenaggio manuale e nell’uso di Kinesiotaping drenante, utile per ridurre l’ edema. La seconda fase, prevede cauta mobilizzazione del gomito, polso e mano.
Non meno importanti sono le tecniche manuali per lo scollamento di eventuali esiti cicatriziali, oltre che per prevenire le aderenze fibrose. Per evitare eventuali complicanze, molto frequenti, come l’Algodistrofia, sono utili , sia la Tecarterapia che il Laser ad Alta Potenza. Può comunque risultare utile continuare con cicli di Magnetoterapia, e qualche seduta di Onde d’ Urto in quanto queste ultime hanno l’obiettivo di accelerare il processo di riparazione del tessuto osseo e dei tessuti molli.
L’artrosi dell’anca (detta anche coxartrosi) è una patologia comune che colpisce l’articolazione dell’anca soprattutto nelle donne e nei soggetti di età avanzata.
La causa principale è una degenerazione delle cartilagini articolari dovuta all’usura, all’età o a precedenti interventi chirurgici.
Esordisce con dolore, rigidità e limitazione nei movimenti.
Il trattamento dell’artrosi dell’anca può essere conservativo o chirurgico. Il trattamento conservativo può includere, oltre all‘Idrokinesiterapia, anche la Tecarterapia, la Magnetoterapia, la Laserterapia, la Riabilitazione Funzionale e la Riabilitazione propriocettiva.
Se l’artrosi è in stato molto avanzato si effettua l’intervento di protesi di anca per la quale è indicata da subito la riabilitazione in acqua o idrokinesiterapia individuale.
Essa rappresenta un importante strumento in ambito riabilitativo in quanto sfruttando l’ambiente microgravitario permette all’articolazione di eseguire movimenti con un minore sovraccarico articolare.
La frattura del bacino interessa principalmente i giovani ragazzi di sesso maschile a causa di forti traumi subiti come per esempio incidenti stradali o sportivi.
In età più avanzata invece, sono colpite maggiormente le donne a causa della presenza di osteoporosi.
Caratteristiche dei sintomi
• Dolore (aumenta durante il movimento dell’anca o durante il cammino)
• Ematoma
• Zoppia
• Gonfiore (area interessata del bacino)
La riabilitazione di una frattura del bacino comprende diverse tecniche:
• Tecniche fisioterapiche eseguite dal terapista allo scopo di trattare eventuali disfunzioni di movimenti
• Massoterapia delle zone contratte
• Laserterapia ad Alta Potenza
• Tecarterapia
• Ultrasuoni
• Magnetoterapia
• Correnti Antalgiche
L’azione principale dell’ILEO-PSOAS è quello di flettere la coscia sul bacino.
La lesione è un evento molto raro e può essere un campanello d’allarme nei pazienti emofiliaci.
Molto più frequenti sono le contratture dell’ILEO-PSOAS. E’ tipico un inizio subdolo del dolore in fossa iliaca, aumentato da alcuni movimenti e che non produce impotenza prolungata, ma riduce notevolmente la prestazione sportiva. A volte si può sentire uno schiocco articolare a livello inguinale.
Le cause principali di contratture e lesioni dell’ILEO-PSOAS sono :
• Posture sbagliate
• Problemi intestinali
• Allenamenti sbagliati
• Traumi (ogni trauma che coinvolge la schiena e l’anca si riflette sicuramente sullo PSOAS che come risposta andrà in accorciamento)
• Problemi del disco
Le contratture e lesioni dell’ILEO-PSOAS vengono affrontate con trattamenti manuali per allungare il muscolo:
• Massaggio miofasciale
• Recupero dell’estensibilità e della forza muscolare
• Massaggio decontratturante
Successivamente bisogna cercare di ridurre l’infiammazione con terapie come la Tecarterapia o la Laserterapia Antalgica che sono in grado insieme alla terapia manuale ad aiutare nei processi di guarigione. Infine è importante eseguire una buona ginnastica posturale affinchè si stabilizzi un corretto equilibrio per ripristinare un nuovo stato di tensione tra le strutture muscolari, articolari e fasciali.
La pubalgia è una sindrome dolorosa che interessa principalmente la zona pubica, inguinale o all’interno della coscia.
Le cause principali sono:
• Traumi subiti a carico di bacino o ginocchio
• Alterazioni della curvatura della colonna vertebrale
• Alterazioni dei muscoli dell’addome
• Sovraccarico muscolare derivato da disfunzione della postura.
Il primo sintomo della Pubalgia è il dolore, che si manifesta la mattina al risveglio all’inizio degli esercizi fisici, per poi scomparire dopo il riscaldamento. Nelle fasi più avanzate si può presentare all’improvviso ed intenso tanto da impedire anche la semplice deambulazione.
IL TRATTAMENTO DELLA PUBALGIA
Esso è abbastanza complesso e può essere suddiviso in base all’aspetto sintomatico e funzionale.
Sintomatico: crioterapia, riposo funzionale, terapia fisica (Laser ad alta potenza, Tecarterapia e Onde D’urto), massaggio decontratturante.
Funzionale: stretching dei muscoli coinvolti, potenziamento dei muscoli addominali, esercizi propriocettivi, trofismo e forza muscolare tramite isometria ed elastici.
La frattura del femore si verifica più comunemente in persone giovani e negli anziani.
Nell’anziano la frattura del femore interessa di solito l’estremità superiore dell’osso (testa o collo del femore), limitando la mobilità dell’arto.
La frattura del femore nei giovani e negli sportivi nella maggior parte dei casi è la conseguenza di un evento traumatico (incidente stradale) oppure di carichi prolungati e ripetuti (comune tra gli atleti di fondo).
In rapporto all’eventuale spostamento dei segmenti fratturati, la frattura del femore, può essere considerata composta o scomposta;
La sintomatologia tipica della frattura del femore scomposta è caratterizzata da dolore intenso e limitazione funzionale della coscia.
Quando si tratta invece di una frattura composta, il paziente accusa dolore in sede inguinale ma può anche camminare.
La conferma diagnostica si avvale di una radiografia standard.
Il trattamento della frattura del femore richiede quasi sempre un intervento chirurgico di osteosintesi mirato a ottenere una ripresa funzionale precoce.
La tecnica chirurgica adottata dipende dal tipo di frattura e dall’età del paziente.
Solitamente, in caso di fratture mediali e pazienti di età maggiore di 60 anni viene eseguito l’intervento di sostituzione della porzione prossimale del femore fratturata attraverso l’applicazione di una protesi articolare totale (artroprotesi) o parziale (endoprotesi).
Nel caso invece di fratture laterali e pazienti più giovani si ricorre all’intervento di osteosintesi, cioè a un intervento chirurgico di bloccaggio dei frammenti ossei con mezzi metallici (vite e placca a scorrimento, chiodi).
Se i tessuti molli (pelle e muscoli) circostanti la frattura sono gravemente danneggiati o se non è possibile procedere con l’intervento chirurgico, viene eseguita una fissazione esterna.
Durante il periodo d’immobilizzazione bisogna comunque stimolare la muscolatura, per evitare che si indebolisca ma anche per aiutare la circolazione. In seguito è importantissimo iniziare un trattamento riabilitativo personalizzato.
Riabilitazione dopo la frattura del femore
L’obiettivo primario della riabilitazione è quello di autonomizzare il paziente agendo sul tono-trofismo muscolare, sul recupero del ROM e sulle possibilità di carico. Il carico va sempre deciso di concerto con il chirurgo ortopedico che ha trattato la frattura.
La rieducazione si svolge inizialmente per diminuire il dolore e l’infiammazione, in seguito per recuperare il massimo grado di movimento possibile, prima in palestra e alla rimozione dei punti di sutura anche in piscina. Il recupero graduale della forza muscolare e della coordinazione sono poi fondamentali per il massimo recupero funzionale possibile.
La rottura dei legamenti collaterali (LCM, LCL) si verifica solitamente quando la gamba viene sollecitata verso l’interno (in valgo) o verso l’esterno (in varo).
È particolarmente frequente perché questi movimenti anomali si verificano in molte attività sportive.
La rottura dei legamenti collaterali può essere di 1°,2° e 3°grado: più intenso è stato il meccanismo traumatico più grave sarà la lesione.
L’esame obiettivo può essere sufficiente per stabilire una diagnosi corretta anche se talvolta è indicata l’esecuzione di un’ecografia per valutare il decorso del legamento o di una RMN per valutare le eventuali lesioni associate.
La scelta del trattamento conservativo piuttosto che quello chirurgico dipenderà dal grado della lesione di legamenti crociati collaterali (LCM, LCL).
Nella fase iniziale è comunque fondamentale l’utilizzo di una ginocchiera e di stampelle in quanto i legamenti collaterali, contrariamente ai legamenti crociati, vanno incontro spontaneamente ad un processo di cicatrizzazione, favorito in un primo periodo dall’immobilizzazione. La rigidità del ginocchio va comunque prevenuta rimuovendo il tutore appena possibile ed iniziando precocemente il lavoro in piscina con l’acqua alta. Nel programma riabilitativo verranno inoltre inseriti esercizi specifici per evitare stress al legamento danneggiato e favorire l’orientamento corretto della cicatrizzazione ed il recupero completo della funzione del ginocchio.
In rari casi il medico consiglierà un intervento chirurgico per riparare il legamento collaterale danneggiati.
L’intervento consiste fondamentalmente nella sutura del legamento interessato con fili non riassorbibili e tensionamento con cambra.
Nell’immediato periodo post-operatorio il ginocchio viene tenuto immobilizzato in una ginocchiera bloccata a 20° di flessione per 3 settimane e proscrizione del carico per 3 settimane.
Il trattamento riabilitativo sarà svolto inizialmente solo in palestra. Una volta rimosso il tutore si inizierà un carico parziale e progressivo e verrà collaudata l’attività in piscina.
A circa 4 mesi dall’intervento avviene la dimissione e la ripresa dell’attività sportiva.
Infine ti potrà essere consigliata la rimozione della cambra.
Durante la riabilitazione il dolore permane a lungo per cui è molto importante informare il paziente ed effettuare una lunga e progressiva ripresa del gesto sportivo nella fase della riabilitazione sul campo per gli atleti agonisti.
L’epicondilite, nota anche con il nome di “gomito del tennista”, è una sindrome dolorosa da sovraccarico che colpisce frequentemente i tennisti e chi pratica sport e lavori unilaterali dell’arto superiore.
Inizialmente il dolore si presenta solo durante l’attività sportiva o alla palpazione dell’epicondilo laterale, successivamente il dolore è presente anche a riposo.
RIABILITAZIONE
Durante la fase acuta dell’epicondilite si consiglia riposo dalle attività per almeno 20 giorni, si può iniziare con terapia fisica come laser, ultrasuoni e Tecar, accompagnati da esercizi di stretching e massaggio di scarico. La ripresa dell’attività è graduale e solo dopo si procede al rinforzo dei muscoli flessori e della spalla.
Per il dolore cronico recidivante le ONDE D’URTO rappresentano un valido aiuto.
In caso d’intervento chirurgico, viene applicato un tutore con molle per 2/3 giorni; dopo circa 10 giorni dall’intervento è importante iniziare la riabilitazione per la completa ripresa articolare, si procede al rinforzo muscolare e alla ripresa dell’attività sportiva dopo circa 50 giorni.
La frattura del capitello radiale è generalmente causata da traumi indiretti, per caduta sull’arto superiore a mano iperestesa e gomito esteso.
Il dolore acuto causa una limitazione dell’articolarita’ e della forza.
Il trattamento della frattura del capitello radiale si distingue per tipo di frattura:
• tipo 1 semplici vengono trattate con una breve immobilizzazione seguita da precoce riabilitazione
• tipo 2 è indicato l’intervento chirurgico di riduzione e osteosintesi nel quale i frammenti vengono ricomposti e uniti con viti e placche; in casi più gravi si ricorre alla sostituzione protesica.
RIABILITAZIONE
• 1ª FASE: è importante la mobilitazione cauta ma precoce del gomito per evitare l’instaurarsi di rigidità articolari, prima con movimenti passivi, poi con movimenti attivi.
In questa fase per il controllo del dolore si fa uso della terapia fisica quale: laser, ionoforesi, magnetoterapia, tecar.
• 2ª FASE: è incentrata sul recupero della forza di tutta la catena muscolare con esercizi di rinforzo dei prono/supinatori, del polso, dei flesso/estensori dell’avambraccio, del bicipite, del tricipite e degli stabilizzatori della spalla con zavorre ed elastici.
Dopo la spalla il gomito è l’articolazione che si lussa più spesso, nei bambini sotto i 10 anni è la più frequente. In molti casi la lussazione del gomito è accompagnata a frattura.
Il dolore è molto intenso, in occasione del trauma il movimento è impossibile.
Generalmente si interviene con la riduzione precoce e successiva immobilizzazione a 90 gradi per almeno 2 settimane .
È importante eseguire le varie fasi di riabilitazione per il recupero Funzionale completo, dal controllo del dolore e gonfiore al miglioramento dell’articolarita’ della forza muscolare e della coordinazione.
Il primo obiettivo della riabilitazione della lussazione del gomito è il controllore del dolore attraverso la terapia fisica; Ionoforesi, ultrasuoni, laser e terapia la quale oltre al dolore aiuterà a rilassare i vari gruppi muscolari.
Per il recupero articolare si eseguono graduali mobilizzazioni del gomito sia sul piano della flesso/estensione che della pronto/supinazione, senza dimenticare il recupero a monte e a valle per evitare deficit residuo di movimento, inoltre utile la MASSOTERAPIA DECONTRATTURANTE .
Ottenuta l’articolarita’ completa ci concentriamo al graduale rinforzo muscolare, prima con resistenza manuale poi rinforzo con elastici e zavorre per Bicipite/Tricipite e Prono Supinatori.
Importante sempre il recupero di forza dei muscoli dell’avambraccio e spalla. L’IDROKINESITERAPIA rappresenta un valido supporto per la ripresa totale.
Con il termine dorsalgia s’intende una patologia che coinvolge il tratto dorsale della colonna vertebrale.
Le cause più frequenti di dolore a questo livello sono una ipercifosi o un crollo vertebrale osteoporotico. Entrambe sono patologie prevalentemente riscontrabili nei pazienti anziani che con l’avanzare dell’età tendono a “curvarsi in avanti”.
L’aumento della curva cifotica toracica provoca uno squilibrio delle forze di carico su tutta la colonna e in particolare sulle vertebre dorsali, le quali avranno quindi la tendenza a cuneizzarsi.
Allo stesso modo però, anche in pazienti giovani che assumono abitualmente posture errate, l’accentuazione della cifosi mette in tensione la muscolatura dorsale che diventa dolente e nel tempo potrebbe essere causa di dolore o della formazione di protrusioni ed ernie discali.
Riabilitazione per dorsalgia
A seconda della causa che determina la dorsalgia il paziente può presentarsi con dolore acuto a seguito o meno di uno sforzo o di un trauma, che si accentua con i movimenti respiratori.
In genere, è sempre presente una contrattura muscolare dei paravertebrali dorsali.
Il primo obiettivo del programma terapeutico è quindi la riduzione del dolore e della contrattura che si ottiene attraverso l’utilizzo di terapie fisiche come tens, laser, tecar, impacchi caldo-umidi e ultrasuoni, ma soprattutto con la massoterapia decontratturante dei paravertebrali dorsali e lombari, romboidei e trapezi.
Parallelamente è necessario l’allungamento muscolare dei suddetti muscoli che sono generalmente ipertonici e retratti e una correzione posturale dell’assetto globale del rachide.
Alla scomparsa del dolore il programma rieducativo si incentra sull’attività aerobica consentita e sul recupero muscolare degli stabilizzatori dell’addome e dei muscoli di spalla e dorso che presentano deficit di forza.
Il termine generico di lombalgia raggruppa una serie di patologie che generano mal di schiena, ovvero dolore a livello dei muscoli e delle ossa della schiena.
Le cause più frequenti di lombalgia possono essere associate o meno a un trauma. Nel primo caso generalmente è riscontrabile la presenza di una protrusione o un’ernia discale o di una spondilolistesi.
Più raramente la causa è uno stiramento o strappo muscolare o la comparsa di una frattura vertebrale lombare con o senza interessamento midollare. Nel secondo caso possiamo riscontrare artriti infiammatorie, patologie tumorali o i difetti intervertebrali minori (DIM) ed è frequentissimo un interessamento muscolare in risposta alle scorrette abitudini di vita, come ad esempio una posizione sul divano o sulla sedia da lavoro, molte ore passate in auto, carichi esagerati durante gli allenamenti in palestra, aumento di peso corporeo e tanti altri.
L’episodio di lombalgia acuta è noto come “colpo della strega”, infatti si tratta di un dolore talmente intenso da costringere il paziente a rimanere a letto per diversi giorni e che in genere insorge dopo un movimento brusco in torsione o in flesso-estensione del rachide. Spesso i sintomi si presentano dopo aver sollevato un peso in posizione semiflessa con la sensazione di schiena bloccata. Altre volte bastano anche gesti banali come infilarsi i pantaloni o chinarsi davanti al lavandino.
Questi sintomi possono persistere anche per diversi mesi se non adeguatamente trattati e in questo caso parliamo invece di lombalgia cronica.
Riabilitazione per lombalgia
La lombalgia può essere suddivisa in acuta o cronica a seconda della modalità di insorgenza, ma entrambe presentano caratteri comuni caratterizzati da presenza di dolore localizzato nella regione lombare, blocco più o meno marcato in alcuni movimenti soprattutto al mattino e difficoltà a mantenere una posizione prolungata nel tempo.
Il protocollo terapeutico in entrambi i casi è simile, variano solo le tempistiche di guarigione.
L’obiettivo primario del programma rieducativo è la riduzione della tensione muscolare e del dolore, attraverso terapie fisiche come laser, tens, tecar e vibra e massoterapia decontratturante.
Ridotta la contrattura muscolare, è possibile recuperare l’articolarità e la mobilità attraverso lo stretching muscolare degli adduttori, psoas, glutei e ischiocrurali; non appena possibile, è utile effettuare anche attività aerobica consentita (camminata su tapis roulant, ellittica) non prima però di aver provveduto alla correzione posturale dell’assetto globale del rachide.
Una volta diminuito il dolore, è possibile iniziare la fase di tonificazione muscolare attraverso esercizi dapprima in isometria e poi per ottenere un miglioramento del controllo e della stabilità globale.
A livello lombare si possono avere diversi tipi di frattura delle vertebre lombari. Clinicamente si distinguono due gruppi:
• fratture senza interessamento neurologico ossia fratture amieliche;
• fratture con interessamento neurologico ossia fratture mieliche.
La sintomatologia della frattura delle vertebre lombari amielica consiste nel dolore locale, nell’impotenza o nella limitazione funzionale e nelle alterazioni posturali/antalgiche della colonna, la quale può essere deviata in cifosi o in scoliosi, in rapporto al tipo e all’entità della frattura.
La frattura stabile viene trattata inizialmente con il riposo; in seguito è necessario iniziare il trattamento riabilitativo in acqua o in palestra per il recupero completo dell’autonomia nelle attività di vita quotidiana.
La frattura instabile, invece, devoe essere trattate chirurgicamente al fine di ottenere la stabilizzazione.
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