DISTURBO DEL LINGUAGGIO
Il Disturbo del Linguaggio fa parte dei disturbi del neurosviluppo ed è caratterizzato da un ritardo in uno o più ambiti dello sviluppo del linguaggio, in assenza di problemi cognitivi, sensoriali, motori, affettivi e di importanti carenze socio-ambientali.
Nonostante lo sviluppo linguistico abbia una grande variabilità nei primi 36 mesi di vita, normalmente intorno ai 12 mesi compaiono le prime parole e a 24 mesi il bambino ha già un vocabolario di circa 100 parole e forma le prime frasi (combinazioni di due parole es. “mamma acqua” per “mamma voglio l’acqua”, spesso associate a un gesto indicativo o simbolico).
Intorno ai 30 mesi di età avviene la vera esplosione linguistica, in particolare del vocabolario: il numero di parole aumenta in breve tempo e il bambino inizia a produrre frasi di tre o più parole che via via diventano frasi complesse.
L’età di tre anni costituisce una sorta di spartiacque tra i bambini cosiddetti “parlatori tardivi” e i bambini con un probabile disturbo del linguaggio. Nel 5-7% della popolazione il disturbo persiste dopo i 3 anni e, in questi casi, è raro che prima dell’età scolare si verifichi un recupero spontaneo delle abilità linguistiche attese per l’età cronologica. Per questo, anche se la diagnosi può essere fatta ai 4 anni, è bene che la presa in carico sia tempestiva, in modo particolare se si segnalano difficoltà comunicative e di comprensione. La presenza di una produzione di parole ancora non adeguata secondo i parametri dello sviluppo tipico dovrà necessariamente essere valutata da un professionista.
Bisogna considerare i seguenti campanelli d’allarme:
• 12 mesi: mancata comparsa delle prime parole;
• 18 mesi: vocabolario inferiore a 20 parole;
• 24 mesi: vocabolario inferiore a 50 parole;
• 24-30 mesi: assenza o ridotta presenza di gioco simbolico;
• 24-30 mesi: ritardo nella comprensione di ordini non contestuali e assenza di combinazioni di due parole;
• dopo i 30 mesi: assenza di frasi anche semplificate.
Il DSM 5 ha provveduto ad aggiornare la classificazione dei disturbi del linguaggio rispetto alla sua edizione precedente:
• Disturbo del linguaggio: viene diagnosticato come tale un disturbo dell’espressione del linguaggio e della ricezione del linguaggio;
• Disturbo fonetico-fonologico: in precedenza definito disturbo della fonazione; il disturbo fonetico-fonologico rientra nei “disturbi della comunicazione” e descrive in particolar modo una difficoltà relativa alla produzione di alcuni fonemi.
Durante l’eloquio, infatti possono essere presenti inversioni, omissioni, sostituzioni, che talvolta interferiscono sull’intellegibilità e sulla comunicazione verbale.
Oltre ad essere evidente il problema articolatorio, è riscontrabile anche un’alterazione nella discriminazione uditiva dei suoni (tratti distintivi) e nella corretta sequenza dei fonemi all’interno della parola (la struttura fonotattica). La ridotta capacità comunicativa può ripercuotersi nelle interazioni sociali e scolastiche.
• Disturbo della fluenza e balbuzie con esordio nell’infanzia.
Per quest’ultimo disturbo il DSM 5 propone i seguenti criteri diagnostici:
• Alterazioni della normale fluenza e della cadenza dell’eloquio, inappropriate per età e abilità linguistiche, che persistono nel tempo, sono caratterizzate dal frequente ripetersi di elementi specifici e non sono causate da disturbi neurologici o altre condizioni medico-psichiatriche;
• Ansia nella comunicazione o limitazioni della sua efficacia, della partecipazione sociale e delle performance scolastiche o professionali;
• Esordio nel periodo precoce dello sviluppo.
Questa alterazione funzionale può coinvolgere il ritmo, la velocità e la fluidità dell’eloquio: la persona che balbetta ha chiaramente in mente ciò che vuole dire, ma non riesce ad esprimerlo in maniera fluida. La balbuzie si manifesta con segni caratteristici, quali: la frequente ripetizione di suoni e sillabe, specie quelle posizionate all’inizio della parola; il prolungamento dei suoni; l’interruzione delle parole; blocchi nel parlato, udibili o silenti; pause silenziose che accompagnano il tentativo di parlare; parole emesse con eccessiva tensione e rigidità fisica.