Il linfedema consiste in un rallentamento della circolazione linfatica e venosa per cause di varia natura, che si possono riconoscere come primarie o secondarie. Le cause primarie sono rappresentate da anomalie congenite del sistema linfatico morfologiche o funzionali. Il linfedema è una patologia cronica e progressiva che può essere già presente alla nascita ma spesso può manifestarsi in età più o meno avanzata.
Talvolta si può riconoscere una causa scatenante quale una bruciatura cutanea, una puntura di insetto o altro. Si suppone che il sistema linfatico già compromesso dall’anomalia genetica non riesca a compensare l’edema causato dall’evento scatenante, vada in sovraccarico funzionale e manifesti ciò che era comunque già presente seppur non ancora manifesto. Cause secondarie per eccellenza sono gli interventi chirurgici con asportazione linfonodale. Il rischio di sviluppare un linfedema aumenta se viene associata radioterapia. Altre cause secondarie sono rappresentate da traumi di qualunque genere, infezioni o farmaci edemigeni, in questi casi l’edema è solitamente transitorio e il linfodrenaggio favorisce una guarigione maggiormente rapida. Dal momento che il sistema linfatico e quello venoso non possono anatomicamente essere considerati come completamente separati essendo per conformazione simili seppur non uguali, in caso di insufficienza venosa con edema degli arti, il linfodrenaggio, la pressoterapia e l’idrokinesiterapia potrebbero fornire un utile supporto terapeutico. Il lipedema è una malattia progressiva che si manifesta quasi esclusivamente nel sesso femminile. E’ caratterizzato da un accumulo atipico di tessuto adiposo. La donna con lipedema manifesta la tendenza a procurarsi lividi con facilità e percepisce come dei piccoli noduli sottocutanei. In fase avanzata tende a sentire dolore, calore e pesantezza agli arti. In questi casi il linfodrenaggio e la pressoterapia non sono ad oggi le terapie per eccellenza ma risultano attivi coadiuvanti nelle fasi iniziali e un efficace aiuto per il miglioramento della sintomatologia dolorosa. Il drenaggio linfatico manuale è una delle tecniche utilizzate in quella che viene definita Terapia Decongestiva Complessa ad oggi considerata il trattamento d’eccellenza per i problemi linfovenosi. Della terapia decongestiva complessa fanno parte tecniche quali:
• drenaggio linfatico manuale
• bendaggio multicomponente
• terapia elettromedicale coadiuvante
• cura della cute
• utilizzo di calze o bracciali elastici
• pressoterapia
• percorso vascolare
• esercizio fisico
• controllo del peso corporeo
Nella categoria dei disturbi del comportamento confluisce una svariata gamma di condotte socialmente disfunzionali, quali aggressività, impulsività, oppositività e iperattività, che possono caratterizzare il comportamento dei bambini in età prescolare e scolare.
Tali problematicità comportamentali talvolta riguardano episodi isolati o delicate fasi evolutive temporanee; tuttavia, in alcuni casi, possono rappresentare il preludio a disturbi psicopatologici successivi.
Un bambino con disturbi del comportamento alla scuola dell’infanzia spesso viene definito iperattivo: fatica a rispettare le regole, a stare fermo, infastidisce, cambia continuamente attività e pare refrattario a qualunque rimprovero. Alla scuola primaria può diventare oppositivo, provocatorio o aggressivo verso i pari.
Quando le infrazioni alle regole sociali diventano frequenti è importante indagare gli aspetti psicologici e relazionali del bambino per prevenire l’insorgenza di problematiche maggiori. Si potrebbe trattare di un Disturbo di Attenzione/Iperattività (ADHD), di un Disturbo Oppositivo/Provocatorio (DOP) o di un Disturbo della Condotta (DC).
Le origini dei disturbi del comportamento possono essere di diversa natura. Per elaborare strategie di intervento efficaci, è necessaria un’attenta osservazione di questi comportamenti, così da comprenderne a fondo le cause e individuare le risorse più adatte da mettere in campo.
DISTURBO OPPOSITIVO-PROVOCATORIO
Il Disturbo Oppositivo Provocatorio ( DOP ) è un disturbo neuropsichiatrico caratterizzato da disturbo nel controllo delle emozioni e del comportamento. Il bambino non riesce a controllare le emozioni e i comportamenti. Si verifica solitamente intorno ai 6 anni di vita e può continuare fino all’adolescenza.
Si ha presenza di rabbia, irritabilità e di comportamenti vendicativi oppure oppositivi che durano per un periodo di almeno sei mesi. Spesso lo si diagnostica ai 6 anni di età. Tuttavia non sono rari i casi in cui comportamenti aggressivi, oppositivi e rabbiosi tipici del disturbo si manifestano prima di questa età. Non esiste una causa unica che spieghi il Disturbo Oppositivo Provocatorio , ma la letteratura scientifica attuale ci consente di parlare di fattori di rischio e di protezione che influenzano il presentarsi dei sintomi e loro sviluppo.
In particolare, fattori di rischio genetici (es. la familiarità per il disturbo) e ambientali (es. il bambino è inserito in un ambiente sociale, culturale e familiare che non si prende cura del bambino o che lo abusa, sia a livello fisico che psicologico) possono avere un ruolo importante nell’innescare tale Disturbo.
Altri fattori di rischio sono:
• Situazioni di instabilità familiare;
• Educazione particolarmente severa oppure troppo permissiva;
• Storia familiare di disturbo del comportamento;
• Altre patologie psichiatriche nei genitori.
Sono considerati, invece, fattori di protezione una buona qualità delle relazioni affettive con le figure che si occupano del bambino e un’educazione familiare costante e che trasmette fiducia.
I bambini e i ragazzi che presentano il Disturbo oppositivo provocatorio manifestano spesso:
• Rabbia o irritabilità;
• Comportamenti che mettono in discussione ciò che gli viene detto e provocano con atteggiamenti di sfida, in particolare verso persone che rappresentano l’autorità (genitori, insegnanti);
• Volontà di non rispettare le regole;
• Atteggiamento di rabbia verso qualcuno e vendicativo;
• Comportamenti di accusa degli altri per i propri comportamenti scorretti e volontà di irritare gli altri.
DISTURBO DELLA CONDOTTA
La caratteristica clinica principale del Disturbo della Condotta è la sistematica e persistente violazione dei diritti dell’altro e delle norme sociali, con conseguenze molto gravi sul piano del funzionamento scolastico e sociale.
La fenomenologia del disturbo si caratterizza principalmente per la presenza di aggressività a diversi livelli. I bambini e gli adolescenti con disturbo della condotta possono mostrare un comportamento prepotente, minaccioso o intimidatorio.
I comportamenti sintomatici più importanti assumono la forma di vere e proprie aggressioni perpetrate a danno di persone o animali.
• spesso fa il prepotente, minaccia o intimorisce gli altri;
• dà inizio ad episodi di bullismo;
• spesso dà inizio a colluttazioni fisiche;
• ha usato un’arma che può causare seri danni fisici ad altri (per es., un bastone, una barra, una bottiglia rotta, un coltello, una pistola);
• è stato fisicamente crudele con le persone;
• è stato fisicamente crudele con gli animali;
• ha rubato affrontando la vittima (per es.: aggressione, scippo, estorsione, rapina a mano armata);
• ha forzato qualcuno in attività sessuali.
• spesso mente per ottenere vantaggi o favori o per evitare obblighi (cioè, raggira gli altri).
Il disturbo specifico della coordinazione motoria (disprassia), è un disturbo neuroevolutivo che compromette la capacità di eseguire movimenti semplici e complessi con la massima efficacia e il minor dispendio di energia.
La diagnosi del disturbo della coordinazione motoria è stata inserita, nel Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali, all’interno della macrocategoria dei “Disturbi del neurosviluppo”, ossia quelle condizioni di difficoltà specifiche che hanno un impatto sullo sviluppo globale del bambino; nel caso specifico della coordinazione motoria, questa impatta negativamente sull’apprendimento scolastico, altera l’autonomia e provoca disagi nelle relazioni interpersonali familiari e sociali.
Il più grande problema del disturbo specifico della coordinazione motoria (disprassia) è la mancanza di consapevolezza; si tende a pensare che il bambino sia semplicemente “impacciato” e che questo non comporti lo sviluppo di situazioni peggiori con il passare del tempo.
In realtà questo disturbo interessa circa il 5-6% della popolazione infantile compresa tra i 5 e gli 11 anni (i maschi più delle femmine), e non migliora con la crescita, anzi, se non trattato immediatamente può perdurare, anche oltre l’età evolutiva, nel 50-70% dei casi.
Non tutti i bambini che soffrono di disturbo della coordinazione motoria hanno le stesse caratteristiche, ma, cercando degli elementi in comune, questi sono: l’essere impacciati; la scoordinazione; la lentezza dei movimenti.
Per loro è difficoltoso anche ideare il movimento e di conseguenza, già durante la scuola dell’infanzia, non sono attratti dall’esplorazione del corpo, si muovono poco e si rifiutano di disegnare. Tali difficoltà possono anche sfociare in: scarsa autostima; oppressione del movimento per paura di sbagliare e difficoltà di apprendimento e di scrittura, che di solito insorge con la crescita.
La differenza di sintomi è evidente soprattutto tra bambini di età diversa:
• nei bambini più piccoli si nota goffaggine e ritardo nel raggiungimento delle tappe fondamentali dello sviluppo motorio;
• negli adolescenti si notano difficoltà più complesse come incapacità di assemblare puzzle, giocare a palla o avere una buona calligrafia.
Nel corso dello sviluppo del bambino, inoltre, si notano i seguenti punti:
• ritardo nell’acquisizione delle principali tappe di sviluppo motorio, come deambulazione autonoma o gattonamento:
• scarsa fluidità dei movimenti nello spazio;
• difficoltà dell’acquisizione, pianificazione ed esecuzione autonoma di sequenze motorie fini;
• scarsa abilità nei compiti visuo-percettivo-motori.
Tutto ciò, con la crescita, determina:
• difficoltà di eseguire azioni autonome personali e sociali come lavarsi le mani, vestirsi, allacciare le scarpe e altri;
• insuccesso in attività sportive;
• scarsi risultati a scuola, soprattutto in materie di scrittura e logico-matematiche.
Il disturbo della coordinazione motoria, se identificato, diagnosticato e trattato nei giusti tempi, ha buone possibilità di miglioramento; miglioramento che si verifica sia a proposito degli schemi di movimento, che in termini di consapevolezza, integrazione corporea e autostima.
Il disturbo da deficit dell’attenzione e iperattività (ADHD) è un disturbo dello sviluppo del sistema nervoso centrale (neurosviluppo) caratterizzato da difficoltà di attenzione, irrequietezza e problemi nel controllo degli impulsi.
Queste caratteristiche del comportamento compromettono, con differenti livelli di gravità, la qualità di vita del bambino nei vari ambienti in cui si trova a trascorrere la propria giornata. Si riscontra prima dei 12 anni.
Il disturbo da deficit dell’attenzione e iperattività è uno dei più comuni disordini dell’età evolutiva, con una frequenza del 3-4% dei bambini e un rapporto maschi-femmine 3-4:1.
È caratterizzato da vari livelli di:
1. Iperattività, cioè attività motoria eccessiva, persistente e continuativa;
2. Deficit di attenzione (facile distraibilità, tempi di attenzione ridotti, difficoltà a seguire le istruzioni);
3. Impulsività nei comportamenti e verbale (iperverbosità, difficoltà a rispettare il proprio turno, interrompe frequentemente le attività altrui).
Sebbene i bambini siano tutti molto attivi, stentano a mantenere a lungo l’attenzione e sono spesso impulsivi; i bambini con questo disturbo hanno livelli di iperattività, di deficit di attenzione e di impulsività che non sono comparabili con quelli dei bambini della stessa età.
Le caratteristiche elencate, tendenzialmente, si manifestano prima dei 12 anni, con maggiore frequenza in età prescolare (3-6 anni) dell’iperattività motoria caratterizzata da:
• Frequenti crisi di rabbia;
• Gioco ridotto e semplificato;
• Litigiosità;
• Atteggiamenti provocatori;
• Assenza di paura e di senso del pericolo;
• Incidenti frequenti;
• Comportamenti aggressivi;
• Disturbi del sonno.
Di solito in età scolare (6-12 anni) i bambini con ADHD mostrano un’apparente accentuazione dell’irrequietezza, con disattenzione e impulsività, frequenti difficoltà scolastiche, bassa autostima e rifiuto da parte dei coetanei.
Le problematiche descritte sono ben differenti dalla comune vivacità e curiosità dei bambini; anzi, la frequenza e la pervasività di questi sintomi compromettono in modo patologico il sano e pieno sviluppo psicomotorio del bambino.
Per comprendere le differenze tra normalità e ADHD occorre l’intervento di un’equipe esperta che si occupi di disturbi del neurosviluppo.
Le disabilità intellettive sono alterazioni dello sviluppo sviluppo cognitivo, motorio ed emotivo che si manifestano come sindromi globali, legate al deficit di sviluppo delle funzioni astrattive della conoscenza, sociali e di adattamento, che originano in età evolutiva. Si diagnosticano generalmente intorno ai 4 anni d’età attraverso specifici test psicometrici.
Le disabilità intellettive si manifestano entro i primi anni di vita e si diagnosticano generalmente intorno ai 4 anni quando sono disponibili misure standardizzate specifiche per identificare e quantificare il grado di disabilità intellettiva e il grado di funzionamento adattivo. Prima di questa età, in presenza di un ritardo delle acquisizioni, anche nel primo anno di vita, è possibile diagnosticare un ritardo dello sviluppo psicomotorio, per la cui diagnosi vengono utilizzate scale specifiche di sviluppo.
Una diagnosi precoce, effettuata tramite gli strumenti sopradescritti, consente d’identificare precocemente terapie appropriate e interventi mirati. I processi di plasticità cerebrale hanno un’efficacia massima nei primi cinque anni di vita pertanto gli obiettivi raggiungibili dal paziente con il trattamento dipendono dall’età del soggetto al momento della diagnosi, dall’epoca di avvio dei trattamenti e dalla gravità della disabilità.
Sindromi genetiche, qualche esempio:
• SINDROME DI DOWN: è causata da una copia in eccesso del cromosoma 21. I bambini affetti da questa sindrome presentano un ritardo dello sviluppo fisico e mentale con invalidità intellettuale, caratteristiche specifiche del cranio e del volto e spesso bassa statura.
• LA SINDROME DELL’X FRAGILE: anche conosciuta come sindrome di Martin-Bell, è una rara condizione genetica ereditaria, caratterizzata da ritardo globale dello sviluppo (ritardo neuropsicomotorio9, disabilità intellettiva più o meno grave, disturbi dell’apprendimento e della capacità di relazionarsi con gli altri.
• SINDROME DI DI GEORGE: è causata da un difetto dello sviluppo della terza, della quarta tasca branchiale e del quarto arco branchiale. E’ caratterizzata da anomalie del cuore, del timo, delle paratiroidi e da dismorfismi specifici del volto. E’ congenita quindi presente già alla nascita, può comportare tra i sintomi anche problemi di apprendimento e comportamentali, ritardo nel camminare e parlare, deficit di attenzione con iperattività (ADHD), problemi di linguaggio e udito, problemi alla bocca e nell’alimentazione, oltre che problemi cardiaci e immunitari.
• SINDROME DI WILLIAMS: è una malattia genetica multi sistemica rara dello sviluppo neurologico, caratterizzata da facies caratteristica, cardiopatie, anomalie cognitive, dello sviluppo e del tessuto connettivo.
I disturbi aspecifici dell’apprendimento (o non Specifici) riguardano difficoltà di lettura, scrittura e calcolo collegate a capacità cognitive al di sotto della media.
I disturbi aspecifici dell’apprendimento possono anche essere conseguenza di malattie di vario tipo:
• Sensoriali (come sordità o forti difficoltà visive);
• Neurologiche (come l’epilessia);
• Genetiche (come la sindrome di Down o di Williams);
• Organiche in genere (come l’ipotiroidismo);
• Psicologiche (come disturbi psicopatologici primari).
In queste situazioni le difficoltà del bambino sono spesso generalizzate, quindi non solo nelle competenze “di base” cioè nella lettura, nella scrittura e nella matematica, ma anche nei processi logici.
Spesso le capacità cognitive del bambino sono inferiori alla media prevista per la sua età, anche se non necessariamente collocabili nella cosiddetta “fascia inferiore” della media o “ai limiti” del ritardo cognitivo.
Anche nel ritardo cognitivo sono presenti difficoltà di apprendimento: sono però più conseguenti al ritardo stesso, anche se vi è una grande variabiltà tra una situazione e l’altra, con differenti profili neuropsicologici.
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